lunedì 31 agosto 2009

fine

31 agosto 2009
ore 3:38
k

frontiere


Questo post in realtà si sarebbe potuto alternativamente intitolare labirinti, fumo, sud, terra, freddo, ossessione, zampe. Ho scelto di intitolarlo invece in questo modo per rappresentare una sensazione angosciante vissuta in quel di terra di Maghreb. Vero è che questi ultimi dieci giorni rappresentano l'esatto contrario dello stile di viaggio che ho voluto e potuto trovare (già ne avevo discusso): un viaggiare lento, coi tempi di una conoscenza più dolce e - almeno idealmente - più profonda.
L'avvicinarsi della frontiera del rientro, la scadenza finale, mi ha riportato ad una fame visionaria; non c'è tempo per fermarsi, bisogna riempirsi gli occhi di sensazioni, colori, suoni, odori. Ogni ora di giorno e notte è preziosa perché è l'unico istante in cui qualcosa potrebbe accadere; per dormire e morire c'è sempre tempo.
E inevitabilmente il modo si è rivelato sbagliato.
Mi spiego meglio.
Premessa, Fes e Marrakech sono città meravigliose, nel senso che suscitano meraviglia, ti lasciano a bocca aperta.

Fes con un vero e proprio labirinto di vicoli ncudduliati (parola migliore che mi viene per descrivere un serpente arrotolato su se stesso), aggrovigliati, claustrofobicamente uguali l'uno all'altro e contemporaneamente sempre nuovi.

Solo dopo due giorni di cammino a tentoni ho cominciato a intuirne la struttura, ma quante strade senza uscita, quanti ritorni sui propri passi.E senza una piazza (questa la vera claustrofobia), senza uno spazio aperto dove respirare. Giù, giù, sempre più giù, in quella che un sardo mi ha definito come discesa agli inferi.

Dove pensi che sia finita si apre una nuova porta

e il polipo di pietra si estende coi suoi mille tentacoli di fruttivendoli, ciabattini,

conciatori, tintori, ferraioli,

datteristi, orafi, argentieri, bronzisti, pellettai, cinturai, macellai, pollai, costruttori di bendir e tamburelli e darbuke.

Marrakech, mitica città rossa, è più aerea; simile intrico di strade e stradelle che per fortuna spesso e volentieri si allargano in piazzette ombrose dove si possono allargare i polmoni.


Diversamente che a Fes si può anche vagare per corridoi silenziosi ascoltando il battere delle scarpe sull'acciottolato.

A Fes l'unica è entrare in una moschea o madrasa, per mettere il silenziatore ed ubriacarsi di luce.

Certo poi ci sono non so quanti suq, i mercati, anche qui piacevole ritorno alle atmosfere dei bazar orientali.

Ed il fulcro di tutto quanto, la piazza Djamee al Fna.

Un anonimo ed immenso slargo dove però al calar delle tenebre succede di tutto.

La gente si raccoglie intorno ai tavolini dove si servono cuscus e tagine, piedini di vacca, spiedini, panini. Il fumo delle griglie pervade l'aria diffondendo la luce delle lampadine bianche tipo festa di paese.
E pochi metri più in là si ritrovano musicisti gnawa,

cantastorie, incantatori di serpenti,

artisti di strada, donne che dipingono tatuaggi all'henné,
suonatori di oud, bendir a spregio, banjo, danzatori.
Un luogo veramente splendido, direte voi.
In effetti filtrando a distanza di qualche giorno lo è.
Ma c'è una frontiera insormontabile.
La presenza di orde di turisti fa sì che qualunque straniero lo sia (non che mi ritenga io qualcosa di speciale). Quindi - secondo la definizione di un amico brasiliano - siamo carteras con patas, portafogli con le zampe.
Frontiera è quella distanza per cui tutti, con pochissime eccezioni, quelli che mi hanno rivolto la parola lo hanno fatto con un interesse ben preciso: attirarmi nel loro negozio e vendermi i loro prodotti, portarmi da qualche parte e chiedermi la mancia, condurmi alla bottega del fratello perché potesse vendermi il suo prodotto, trovarmi un taxi, indicarmi la piazza in cambio di una mancia. Un simpatico signore incontrato in una piazzetta, dopo un paio di minuti di chiaccherata mi invita a casa dove mi offre un tè. Comincia quindi a dirmi che essendo medico conosce le erbe medicinali e quindi la moglie mi presenta un set di spezie da cui posso comprare souvenir da portare a casa.
Un simpatico ragazzo che vive a Milano mi porta a fare una passeggiata del paese, piacevole chiaccherata serale. Poi quando di notte torno all'albergo mi fa trovare la donnina berbera pronta a vendermi il suo prodotto.
E tutti, dicesi tutti, o davanti ai miei rifiuti o anche direttamente, han tentato di vendermi fumo.
La dinamica è quella, che ti aspettavi? Sono d'accordo, ma ciò che mi ha infastidito è l'estrema aggressività.
L'ossessionante ossessione, l'ossessionante ritornello, hola, bonjour, italiano, ciao, fumo, hascisc', entra solo per vedere, hascisc', buono prezzo, hascisc', no obbligato, hascisc', dame qualche moneta, hascisc', taxi, hascisc', la piazza è di là, hascisc', hascisc', hascisc'.
Aggressività significa anche che rispondi laa sciukran, no grazie, non merci, no gracias e ti fanno il pappagallo laa sciukran, laaaaa, che ti viene voglia di girarti e tirargli una centra.
Dimenticavo, Ramadan! Mi pare giusto, mi becco il ramadan in Turchia, me lo ribecco in Marocco.
Solo che in Turchia sono mooooolto vaghi. In Marocco il ramadan lo fanno tutti, anche quelli che normalmente non sono molto religiosi, o punto. Perché è un po' come da noi per natale, si torna a casa, ci si ritrova in famiglia, si vedono gli amici.
Per i turisti non ci dovrebbero essere problemi, ma a me faceva un po' brutto mettermi a bere e mangiare in mezzo alla strada.
Risultato, pochissimo cibo (anche perché con quel cazz' di caldo!) giusto un po' d'uva piluccata di nascosto e fughe nei vicoli più oscuri per bere un po' d'acqua.
Il ramadan rende inoltre la gente nervosissima, soprattutto quelli che fumano come turchi (ahahaha); nervosiiiiisssssimi!!!
Nella sola prima giornata quattro risse nella via davanti all'albergo, con bottiglie frantumate, urla, ragazze che si pigliano a chianellate, che si tirano i capelli. Nel terzo giorno il bus si ferma per una sosta e dopo un'ora ancora non è partito. Sotto un sole cocente. Faccio solo in tempo a vedere l'autista che viene portato via da un ambulanza insieme al bigliettaio.
Frontiera è anche il fatto che mi hanno spesso impedito di entrare in una moschea. Ramadan? Non credo, penso più il desiderio di non vedersi rompiballe anche negli spazi più loro.
Per fortuna c'è Casablanca.



Lì finalmente trovo una sana indifferenza, camminando per i vicoli bianchi della medina, tra le botteghe, le moschee affacciate sul mare, il Rick's Café, dove giorno e notte Humphrey Bogart e Ingrid Bergman si amano appassionatamente su uno schermo in bianco e nero.
Nell'hammam nessuno mi chiede se voglio un massaggio, una grattata col sapone. E mi fanno pagare il giusto.

Nelle bancarelle per me il pane costa come per gli altri, il trancio di pesce, i pescetti fritti me li regalano per assaggiarli.
Un ragazzo mi sorride semplicemente e tace guardandomi vagare con lo zaino in spalla, la ragazza di un internet café mi permette di controllare gratis la mail, tanto sono solo cinque minuti, dei bambini mi passano il pallone, un ragazzo nell'ostello mi regala il guanto per la doccia.
Per questo bisogna ritornarci, perché è un paese dalle potenzialità umane immense.
Per ora si limita a lanciarmi dei segnali sul futuro.


Frontiere sono tutte quelle che ho passato in un anno.
Per mare e per terra.
O attraverso tunnel.
Frontiere che mi riportano a casa.
k

domenica 23 agosto 2009

mediterraneo

Solo cosi' ci si puo' rendere conto della sostanziale unita' del mediterraneo. Ritrovando paesaggi familiari nelle campagne andaluse o nelle citta' come Siviglia, in cui la Giralda appare ad ogni angolo,
Cadice, piccola fortezza protesa nell'oceano che mostra forti i segni della presenza araba.
Anche Gibilterra, nella sua assurdita' di essere inglese (usano le sterline!!!!!!), colma di cannoni e macachi.
Tarifa, ultima propaggine del continente Europa nonche' colonia italiana dove e' possibile pero' incontrare anche qualche spagnolo.
In effetti una delle cose che mi mancavano era il turista italico. O meglio, finora incontrando un compatriota scattava da ambo le parti un reciproco scambio di saluti, come va? di dove sei? che giro hai fatto? da quanto tempo? ma tu hai voglia di tornare? insomma salamelecchi degni della miglior tradizione. Rapidamente discendendo la penisola iberica si percepisce invece una sempre maggior presenza del vacanziero fino al punto di abbandonare i convenevoli mimetizzandosi invece in una posa fintospagnola e quindi tendendo l'orecchio curioso di sentire i commenti nel patrio vernacolo.
Tornando al discorso iniziale, l'unita' sostanziale del mediterraneo con le sue citta'.
Vicoli stretti ed ombrosi dove ripararsi quando la temperatura raggiunge i 45 gradi. Colore bianco delle case, che riflette la luce ed il colore del mare. Lo stesso mare che e' di un blu che piu' blu non si puo'.
A questo punto il passo e' breve. Talmente breve che dura appena 35 minuti.
Signore e signori: Marocco, Africa!
Pare di non essersi mossi di un millimetro, paesaggisticamente Tangeri e' puramente una citta' mediterranea.
La vera differenza si percepisce nella gente o meglio nel modo di vivere la citta'.
Tarifa citta' di vacanze, i vicoli sono stracolmi di turisti seduti ai caffe' e ristoranti, vocianti, passeggiando per negozietti etnochic.
Tangeri citta' di mare, i vicoli sono stracolmi di locali seduti ai caffe' e ristoranti, vocianti, invitando i turisti ad entrare nei negozietti etno. Senza chic.
Evviva il bazar, il suq, la vita greve e dinamica del volgo! La vita.
Per carita', niente da dire sul modello vacanziero europeo che tutti conosciamo bene.
Qualcuno ha scritto nell'ultimo commentario che il turismo e' il motore dell'epoca corrente. Qui a fianco del turista vive il pieno della sua vita la gente che il turismo conosce solo per la presenza del suddetto turista. Che poi cerchi di sfruttarlo e' altra questione, ma il livello di vivacita' mentale e' definitivamente differente.
Comunque Tangeri e' ancora troppo mediterranea, la curiosita' spinge piu' in la' in quest'ultimo tratto di viaggio, il desiderio di assaggiare ancora sapori differenti e' forte.
Chefchaouen, la citta' turchina, aggrappata ad una montagna dal sapore della campagna agrigentina, ulivi, mandorli, grano ed altre piante un po' piu' esotiche.

Ma non mi basta. Sempre piu' a sud, obiettivo il limite segnato dal deserto.
Ora Fes e domani...
Numerose sono ancora le porte da aprire.
k

venerdì 14 agosto 2009

strade

Non è ancora finita! Per chi credeva (come me) che il viaggio terminasse con il festival interceltico di Lorient. Per chi mi ha giá dato del bentornato.
Certo, sono bastati un paio di giorni per "annullare" psicologicamente undici mesi. Nel senso che appena ho incontrato questi amici ha prevalso l´abitudine.
Mi è parso di essere partito pochi giorni prima, come se nulla fosse cambiato. K mi ha detto già varie volte che poi tutto ritorna, tutte le esperienze vissute si devono sedimentare e quindi ritornare a galla filtrate.
Tuttavia durante questo viaggio ho imparato ad accettare passaggio dagli sconosciuti, perché spesso sono la chiave per aprire porte che conducono a sorprese sorprendenti.
Se poi questi sconosciuti sono un gruppo di asturiani bevitori di sidro e suonatori di bombo e gaita.
Se poi ti dicono che hanno un posto sul loro pullman che viaggia nella notte.
Ovvio che ti ritrovi in men che non si dica fuori dalla rotta prevista.
Altre volte ho affermato che i programmi di viaggio sono fatti per essere cambiati in corso d'opera.
Quindi niente Olanda (come avevo pensato in primissima battuta). Niente New York (come avevo pensato in secondissima battuta, una fuga all'indietro).
Asturie, scogliere, boschi, feste di paese dove il sidro scorre a fiumi (e vi assicuro che puó avere effetti alquanto devastanti).
Spagna, dalla densitá materiale e spirituale prossima a quella di un nana bianca.
Spagna, dai cammini di pellegrini, dalle strade romane, dalle grandi cattedrali.
La ruta de la plata.
Oviedo
León (con la notissima Virgen del ¿Que quieres?)
Salamanca
Mérida, antica capitale romana della Lusitania
Infine (per ora) Siviglia.
Quarantacinque gradi centigradi.
Una goduria dopo il freddo accumulato in altri luoghi.
Ma i piedi non sono ancora stanchi.
k